Gemona del Friuli, 3,10,17 dicembre 2010.
Il ruolo dell’esperienza. Il problema formativo in generale è quello di considerare l’esperienza come il terminale applicativo di una formazione mirata a trasmettere saperi e metodi per affrontarla. In tale prospettiva l’esperienza personale del terapista si trova inserita in una relazione di inclusione e subordinazione nei confronti di un paradigma scientifico e di un’organizzazione sociale che ne dettano le norme di pensiero e di azione. Qui operiamo una inversione di prospettiva, con la quale partiamo dall’esperienza, emancipandola dal ruolo incluso e subordinato, per cercare di delinearne il senso a partire dalla sua intrinseca struttura costitutiva. È a partire da questa inversione del ruolo dell’esperienza che si rivela una serie di altri problemi culturali e formativi sottesi al titolo generale delle nostre giornate.
Interrogare il senso dell’esperienza terapeutica. L’inversione di prospettiva che abbiamo prospettato si realizza, come primo passo, con l’atto di interrogare l’esperienza. Interrogare significa innanzitutto dare voce all’altro, cioè all’esperienza nel nostro caso. Interrogare significa mettere in questione, il che rivela un bisogno di chiarificazione mosso da una istanza di verità. Ma ancor prima ha la funzione di un’apertura di relazione fra il soggetto che domanda e l’interlocutore. Nel nostro caso, è dall’esperienza stessa che il domandare si attende una risposta.
Il diario come testo dell’esperienza. La genesi di un diario, come testo dell’esperienza riconosce alla propria origine un cambiamento, una trasposizione dal senso di un’esperienza corporea coinvolta al senso di un testo.
Per questa sua definizione generale quale testo dell’esperienza, il diario non è scrittura intima ed esclusiva di sé, così come non è mera documentazione di eventi osservati e azioni svolte. Il diario è testo della relazione sé-mondo in cui siamo fin da subito esposti e coinvolti in quanto persone, come corpo proprio e situato, che dimora e diviene in uno spazio-tempo di esistenza.
L’inversione di prospettiva, o l’esperienza del diario. Parlare e scrivere autenticamente del diario, richiede un superamento della considerazione del diario come tecnica e oggetto d’uso, per riscoprirlo come un’espressione viva dell’agire intenzionale dell’uomo, e quindi come un’esperienza a tutti gli effetti, e specificamente un’esperienza testuale. A questo scopo è necessario operare una preliminare epoché, una inversione di prospettiva che ponga fra parentesi l’orientamento ai contenuti e al metodo della scrittura, per considerarlo intrinsecamente nel suo carattere costitutivo di esperienza, e nella genesi di tale carattere. la una inversione di prospettiva Ciò passa necessariamente per un movimento riflessivo preliminare che distolga l’orientamento dall’esperienza corporea situata nel mondo, per rivolgersi a quell’atto riflessivo che è la scrittura del diario, da riconsiderare come esperienza in sé, come esperienza di scrittura. L’esperienza del diario si rivela così come l’esito di una doppia riflessione, o meta-riflessione, dove il soggetto scrivente si fa a sua volta oggetto di una riflessione, e quindi di una esperienza, di secondo ordine.
Il Dialogo. “L’essenza della domanda è il porre e mantenere aperte delle possibilità” (Gadamer). Il dialogo come arte maieutica: a Verità abita già l’interno del soggetto. Compito del dialogo è aiutare la Verità a venir fuori (funzione della levatrice)Il dialogo come arte critica: il soggetto deposita strati di ovvietà, credenze fisse, presunzioni e pregiudizi che ostacolano il manifestarsi della verità. Compito del dialogo è scuotere, mettere in crisi e destabilizzare questi ostacoli.
Programma del corso: programma esp-dia-dia